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13a LIBRO edizioni latine assai tra loro diverse, che si annoverano nella Storia sopraccitata. A me spiace singolarmente di non aver potuto vedere quella fattane in Berlino da Andrea Muller l’anno 1675, a cui egli ha aggiunte note e dissertazioni erudite. Il Ramusio afferma che Marco la scrisse, standosi in prigione in Genova, in lingua latina: siccome, die1 egli (pracf p. 7), accostumano li Genovesi in maggior parte fino oggi di scrivere le loro facende, non potendo con la penna esprimere la loro pronuncia naturale; ed aggiunge di aver veduta una copia di quest’opera, scritta la prima volta latinamente di maravigliosa antichità , et forse copiata dallo originale di mano di esso Messer Marco. Della prigionia di Marco ragioneremo appresso. Qui solo è ad esaminare ciò che afferma il Ramusio, cioè che Marco scrivesse la sua relazione in latino. Per vero dire, la ragione che il Ramusio ne arreca, parmi leggiadra assai. Dunque perchè i Genovesi, secondo ch’ei dice , non possono scrivere in italiano, Marco Polo che non era genovese, ma veneziano, dovea scrivere in latino? La conseguenza non mi par molto legittima. S’egli avesse detto che i Genovesi non intendevano l’italiano, avrebbe recata una più probabil ragione. Ma i Genovesi non gli concederanno sì facilmente che i lor maggiori al fin del secolo XIII non intendessero, nè sapessero scrivere in lingua italiana. Per altra parte è certo che pochi anni dopo la pubblicazion di quest’opera ella fu recata in latino da Francesco Pipino dell’Ordine de’ Predicatori, della qual versione conservansi copie scritte a mano in alcune biblioteche, ed