Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/84

PRIMO »3 pure dell’opera di Cassiodoro; ma le poche lettere che abbiam da lui scritte a nome di di questo re (l. 10 Var. ep. 31, ec.), ci fan conoscere ch’egli, veggendo lo sconvolgimento in cui la guerra poneva l’Italia tutta, presto si ritirò dalla corte, e abbandonate le luminose cariche di cui godeva, andò a nascondersi nel monastero, ove fra l’esercizio delle cristiane virtù e fra l’erudite sue fatiche passò il rimanente della sua vita. Di ciò eli’ egli ivi operasse a coltivare e a promuover le scienze, ragioneremo nel capo seguente, ove degli studi sacri dovrem favellare. Ma prima d’innoltrarci, due cose ci rimangono a esaminare, che appartengono a’ tempi in cui Cassiodoro fu alla corte, cioè primieramente quali opere in questo tempo ei componesse; e in secondo luogo, per qual motivo egli abbandonasse la corte. XIV. Delle opere da Cassiodoro composte ragiona Atalarico nella lettera scritta al senato, quando lo sollevò alla prefettura pretoriana (l. 9 Var. ep. 25). E in primo luogo rammenta le diverse orazioni panegiriche innanzi a diversi principi da lui recitate, e poscia i libri della Storia de’ Goti da lui composti, ne’ quali svolgeva per diciassette generazioni la serie de’ lor sovrani. Delle une e degli altri fa menzione il medesimo Cassiodoro nella prefazione alle sue lettere, e della seconda opera dice eli’ era divisa in dodici libri. Noi dobbiamo dolerci di averla perduta, poichè intorno alla storia di questa nazione assai meglio ci avrebbe egli istruiti, che non altri scrittori. Delle orazioni ancora da lui recitate nulla ci è rimasto.