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QUARTO 607 varie Cronache di Pisa pubblicate prima dall’Ughelli (Ital. Sacr. vol. 10), e poscia dal Muratori (Script. Rer. ital. vol 6, ,p. 97), due volte si fa menzione di Amalfi, e delle Pandette ivi trovate non si fa parola alcuna (ib. p. 110, 170); e par nondimeno che questi storici non avrebbon dovuto tacere questo non picciol vanto della lor patria. Falcone beneventano e Alessandro abate di Telese, scrittori amendue di quel tempo, raccontano essi pure l’avvenimento medesimo (ib. vol. 5, p. 120, 638); ne parla ancor Romoaldo arcivercovo di Salerno, che allor vivea (ib. vol. 7, p. 186). Tutti tre questi scrittori non eran molto lontani dalla stessa città di Amalfi; e ciò non ostante del famoso codice; ivi da’ Pisani trovato non si vede vestigia ne’ lor racconti. Tutti questi argomenti non sono, a dir vero, che negativi; ma parmi che in questa occasione essi abbiano qualche forza maggiore che aver non. sogliono comunemente. Ma io, come già ho detto, non ardisco decidere su tal contesa. E a ma pare che anche i Pisani non debban essere molto di ciò solleciti. La gloria di aver per più secoli posseduto il più antico codice, che si sappia essere al mondo, delle Pandette, e di averlo gelosamente custodito, finchè loro è stato possibile, non si può lor contrastare per alcun modo. Per qual maniera l’abbian essi acquistato, poco monta il saperlo; e se esso non fu parte delle spoglie riportate da Amalfi, convien però confessare che essi dovetter farne l’acquisto ne’ secoli più ri moti, poiché vediamo che non ce n’è rimasta memoria, o documento sicuro.