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QUARTO 6o3 VI. Ma prima di ricercare se i Pisani portasser seco da Amalfi il gran codice delle Pandette, convien osservare se questa parte delle leggi romane fosse dapprima interamenre perduta , sicchè non ve ne avesse alcun esemplare , e quel di Amalfi fosse perciò un tesoro solo ed unico al mondo , o almeno in Italia , perciocchè in Francia eravene certamente copia verso il principio del xii secolo, nel qual tempo fiorì Ivone vescovo di Chartres , che più volte ne fa menzione (ep. 46,69). Ma se in Francia, ove come da molti esempj si è più volte mostrato , la scarsezza de’ libri era assai maggiore, che non in Italia, eranvi nondimeno qualche esemplare delle Pandette, a quanto maggior ragione dobbiam noi credere che ve ne avesse ancora in Italia? Qualche copia ve n’avea certamente fra noi nell’ via secolo, come da due carte dell’anno 752 e del 767 dimostra il Muratori (Antiq. Ital. t. 3 , p. 689, ec.). Or se nelle invasioni de’ Barbari-de’ secoli precedenti, che furono alle lettere e a’ libri così funeste, rimase nondimeno qualche esemplare delle Pandette, perchè crederem noi che esse si perdessero interamente nei tempi seguenti che non furono ugualmente fatali all’Italia? Ma non trovasi , dicono i sostenitori della contraria opinione , menzione alcuna delle Pandette negli scrittori che vissero dal secolo ix fino alla metà del xii. Sia pur vero. Ma quali opere abbiam noi di que’ tempi in cui dovesse verisimilmente farsene qualche menzione? Qual maraviglia dunque che non si parlasse delle Pandette, se non offerivasi occasion di parlarne? Delle Istituzioni I • VI. Si pruo*a che il dello codire non potè essere allora il solo iu Italia.