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564 LIBRO perchè l’invitassero ad andarsene a Roma; ch’egli perciò recatosi innanzi al pontefice, questi avea voluto farne in se stesso la pruova, e con sua gran maraviglia avea subitamente appreso a cantare un versetto; che essendo egli frattanto caduto infermo, perchè il caldo estivo di Roma a lui uomo alpestre era troppo nocivo, avea ottenuto dal papa di potersene andare, ma a patto di farvi ritorno al venire del verno a fini d’istruire quel clero nel canto. Questo è in breve ciò ch’egli lungamente racconta. Ma ciò che segue, dee qui essere riferito distesamente. Post paucos dehinc dies patrem v est rum atqcf. meum domnum Guidonem PP. (Pomposianum) abatem ut patrem animae videre cupiens visitavi, qui et ipse vir perspicacia in genii nostrum antiphonarium ut vidit, extemplo probavit, nostrisque aemulis se quondam consensisse , poenituit; et ut Pomposiam veni t, veniam postulavit, suadens mihi monaco esse monasteria episcopatibus praeferenda, maxime Pomposiae., ec. Or qui noi veggiamo che Guido d’Arezzo chiama Guido abate della Pomposa padre di Michele ugualmente che suo; che gli dà il titolo di padre della sua anima; che l’abate Guido confessò di essersi lasciato prevenire da’ nimici di Guido d‘Arezzo, e che mvitollo perciò a venirsene al monastero medesimo. E tutte queste espressioni non ci sono esse un evidente argomento a conchiuderne che in quel monastero avea prima vissuto Guido , e che poscia per le persecuzioni contro lui eccitate e per la sinistra prevenzione del medesimo abate, erane uscito? Ma, dicono i dotti