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tradotti in latino, e là singolarmente menzione delle opere di Avicenna e dell’Almagesto di Tolomeo, il quale dal greco dovea essere stato recato in arabo. Molte di cotai traduzioni, alcune delle quali sono state date alla luce, si annoverano dall’Antonio e dall’Arisi da noi poc’anzi citati, e dal Fabricio (Bibl. lat. med. et inf. aet. t. 3 , p. 39), ma più diligentemente di tutti dal Marchand (Dit. hist art. Gerard, de Sabionetta), il quale, benchè col voler recare i sentimenti di tutti i moderni intorno a Gherardo abbia piuttosto confuse che rischiarate le cose, in ciò nondimeno che appartiene alle opere, ne ha parlato con molta esattezza. Molte pure se ne veggon citate ne’ manoscritti della.biblioteca del re di Francia (Cat. MSS. Latin. Bibl. reg. vol. 4)• Abbiamo innoltre alcune opere astronomiche e alcune mediche sotto il nome di Gherardo cremonese; ma le astronomiche più probabilmente debbonsi attribuire al secondo Gherardo, di cui favelleremo nel tomo seguente; perciocchè in fatti veggiamo che nell’elogio poc’anzi riferito del primo, si parla bensì delle versioni da lui fatte dei libri arabici, ma di opere da lui composte non si fa cenno, e sembra che non si sarebbe taciuta almen la Teorica dei Pianeti, che fu per molto tempo sì celebre. Le sole versioni però a cui egli si accinse, ci mostrano che Gherardo fu uno de’ più dotti e de’ più laboriosi uomini del suo tempo. Alcuni pongono nell’ xi secolo un altro astronomo, cioè Campano novarese; ma noi ci riserberemo a parlarne nel secolo XIII, al qual tempo solo egli fiorì, come allora dimostreremo.