Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/605

544 LIBRO legebat lectionem auctorum non divinorum, sed paganorum. Le quali parole sembra appunto che (debban intendersi di scuola filosofica, come di fatto le ha intese il Puricelli (Monum, basil. Ambros. n. 314). IV. Nè solo in Francia, ma in Grecia ancora e alla stessa corte di Costantinopoli, ebbero gl Italiani occasione di dar pruova del loro ingegno e del loro sapere ne’ filosofici studj. Io parlo del celebre Giovanni soprannomato dalla sua patria l’Italiano, che nel secolo xi mise a rumore quella gran capitale, e a sè rivolse gli occhi di tutto il mondo. Anna Comnena, che almeno in parte potè esser testimonio delle cose che nella sua storia ci narra, ragiona di lui lungamente; e io recherò qui in comp odio ciò che ella più ampiamente descrive (Alexias. l. 5). Ella nol nomina che coll’appellazion d’Italiano; ma eli’ ei si chiamasse Giovanni, il raccogliamo da’ codici delle opere da lui scritte, che poscia rammenteremo. Narra ella dunque che Giovanni nato in Italia, ma in qual città ella nol dice, fu ancor fanciullo condotto da suo padre in Sicilia; e che l’unica scuola a cui egli intervenisse, fu il campo militare. Dacchè la Sicilia venne in potere di Giorgio Maniaco , il quale l’anno 1 o43 ribellatosi a Costantino Monomaco si fè proclamare imperadore, Giovanni col padre passò in Lombardia , e quindi , qualunque ragion se ne avesse, recossi a Costantinopoli. Ivi prese egli a coltivare i filosofici studj sotto la disciplina di Michele Psello, uno de’ più dotti uomini di quella età. Ma Giovanni era uomo di tardo ingegno e d’indole