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QUARTO 4g5 pisanus nomine Burgundio, peritus tam graecae quam latinae eloquentiae; e aggiugne ch’egli recovvi il Vangelo di S. Giovanni da lui tradotto dal greco, cui S. Giovanni Grisostomo avea colle sue Omelie esposto; colle quali parole sembra indicare la traduzione delle Omelie di S. Giovanni Grisostomo, di cui abbiam poc’anzi parlato; e che affermò di avere ancora tradotta in gran parte la Genesi, ossia le Omelie del medesimo Santo sul detto libro. Morì Burgondio l’anno 1194 a’ 30 d’ottobre, e vedesi ancora in Pisa l’onorevole epitaffio in versi, di cui ne fu ornato il sepolcro. Io lascio di qui riportarlo, perchè si può vedere presso il Fabricio e presso il cavalier dal Borgo (l. cit.), il quale però, e a ragione , si duole che l’arca marmorea in cui fu sepolto questo grand’uomo nel tempio di S. Paolo a Ripa d’Arno, sia stata poi trasportata fuor dal tempio medesimo, e abbandonata alle piogge ed a’ venti. VI. Di eloquenza non ci si offre ancora saggio o esempio di sorta alcuna, se se ne traggono i sermoni e le omelie di alcuni di quelli de’ quali abbiamo parlato nel capo secondo, e che non sono comunemente un troppo perfetto modello di ben ragionare. Ancorchè i vescovi e gli altri sacri ministri che favellavano al popolo, fosser uomini dotti, come nondimeno il popolo era comunemente rozzo ed incolto, conveniva loro, seppur volevano essere intesi, rendersi in certo modo rozzi ed incolti, e adattarsi al pensare e al ragionare de’ loro uditori. Altre occasioni di far pompa di eloquenza non si presentavanoj perciocchè il perorare nel foro vi. Di eloquenza non si ha alcun saggio degno di memoria.