Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/531

4;° unno nari e le orecchie. Egli così deforme, com’era, o sapendo di certo, o credendo per valide congetture che Grossolano fosse salito a quella sede per simonia, cominciò a montare sul pergamo nella sua chiesa di S. Paolo, e ad inveire contro il nuovo intruso arcivescovo; e perchè questi mostrava di non fare alcun conto di tali invettive, Liprando lasciandosi trasportare tropp’oltre dal suo zelo, secondo l’ordinario costume di quei rozzi secoli, sfidollo al giudizio di Dio, offerendosi pronto a passar tra le fiamme, e mostrar per tal modo, s’egli ne uscisse illeso, che Grossolano era simoniaco. L’arcivescovo usò prima d’ogni arte per sottrarsi a questo cimento; ma finalmente fu d’uopo cedere. Liprando nella piazza di S. Ambrogio entrò nel fuoco, e ne uscì senza danno di sorte alcuna, e Grossolano confuso ritirossi a Roma. XXXI. Pasquale II che teneva allora la cattedra di S. Pietro, accolse onorevolmente l’arcivescovo, o perchè egli saggiamente non approvasse la maniera tenuta nel condannarlo, o perchè il credesse innocente; e 1’anno 11 o5 radunato un Concilio nella basilica lateranese, benchè vi fosse presente Liprando venuto a giustificare se stesso, e ad accusar Grossolano , questi fu assoluto, e rimandato alla sua sede. Ma ciò non ostante il partito contrario non gli permise di rientrarvi; talchè egli l’anno ii 09 detcrminossi a viaggiare in Terra Santa. Questo viaggio diede nuova occasione a’ nimici di Grossolano per privarlo della sua sede: si pretese che coll andarsene oltremare egli avesse rinunciato alla sua chiesa; e nel primo