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426 LIBRO barbarie che inondata avea l’Europa, era allora interamente perduta. Le opere degli uomini dotti passate per mille mani di copisti spesso ignoranti eran malconcie e contraffatte per modo che spesso o non poteasi rilevarne alcun senso, o rilevavasi totalmente contrario a quel dell’autore. E i libri sacri medesimi non erano andati esenti da sì misero guasto. Lanfranco che conoscevane il danno presente, e il molto peggiore che temer doveasene per l’avvenire, applicossi al noioso ma troppo allor necessario esercizio di esaminare, di confrontar, di correggere, per lasciare in tal maniera codici esatti a cui potersi sicuramente affidare. Così.egli fece, per testimonio del più volte lodato Milone Crispino (Vita c. 6), di tutti i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento, e di molte opere de’ santi Padri ~ anzi di que’ libri ancora che per gli ufficj ecclesiastici erano in uso. Gli autori della Storia letteraria di Francia osservano (l. c. p. 117) che ne’ monasteri di S. Martino di Seez e di S. Vincenzio del Mans tuttor conservansi alcuni codici delle Opere di Cassiano e di S. Ambrogio corretti per man di Lanfranco. E ben se gli offerse occasione opportuna a mostrare quanto ei fosse versato nella lettura de’ santi Padri. Perciocchè Berengario, che di que’ tempi levò la fronte contro la dottrina universal della Chiesa intorno al mistero dell’Eucaristia, avendo avuto l’ardire, secondo l’ordinario costume de’ Novatori, di citar passi falsi o corrotti de’ SS. Padri, Lanfranco ne scoprì tosto le frodi, come veggiam dall’opera che contro di lui egli scrisse.