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Capo VI.

Arti liberali.

I. Abbiam già preso nel precedente libro a ribattere l’opinion di coloro i quali ali rmano che ne1 secoli barbari, dei quali ora trattiamo, erano le belle arti interamente dimenticate in Italia; e abbiamo, come ci sembra, chiaramente mostrato che sculture e pitture ea’altri somiglianti lavori non sono mai mancati tra noi, e che senza alcun fondamento si dice da’ sostenitori del contrario parere che tali opere fosser tutte de’ Greci. Or ci conviene innoltrarci, e render sempre più evidente la nostra opinione, col dimostrare che anche ne’ due secoli de’ quali abbiam trattato finora, secoli che furono i più funesti all’Italia, pur le arti liberali non venner meno, benchè per l’infelice condizione de’ tempi, per la perdita degli antichi originali, e per la mancanza di stimoli e di emulazione non avesser che rozzi ei’infelici coltivatori. II. I romani pontefici, come ne’ secoli precedenti, così in questi ancora furono i più splendidi fomentatori e protettori dell’arte co’ lavori magnifici d’ogni maniera, che aggiunsero alle chiese di Roma. Leggansi le loro Vite scritte da Anastasio e da Guglielmo bibliotecarii, e da altri antichi e contemporanei autori, e tutte insieme pubblicate dal ch. Muratori, e ao’ogni passo se ne troveranno pruove in gran numero. Moltissimi musaici e pitture veggiamo rammentarsi di Leone III innalzato alla sede romana l’anno 795 (Script Ber. ital. t.3, pars 1,