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TERZO 369 a imparziale e onesto scrittore non si convenga; ed ove singolarmente egli ragiona di Berengario e di Villa di lui moglie, appena sa tenere misura alcuna. Essa dopo più altre edizioni è stata pubblicata di nuovo dal ch. Muratori (Script. Rer. ital. t. 1, pars 1)..Ma ritorniamo alle vicende di Liulprando. XXI. La caduta di Berengario, il quale l’an 961 fu quasi interamente spogliato del suo regno d’Italia da Ottone I, rendette Liutprando alla sua patria, e non molto dopo ei fu consecrato vescovo di Cremona; col qual carattere egli intervenne l1 anno 963 a un’assemblea di vescovi tenutasi in Roma contro il pontefice Giovanni XII che si era dichiarato fautore di Berengario (V. Baron, ad fuma an.). Quindi l’anno 968 sostenne 1111’altra onorevole ambasciata in nome di Ottone alla corte di Costantinopoli, affin di chiedere Teofania figliuola dell’imperador Romano juniore per moglie al giovane Ottone figliuolo di Ottone I. Ma ei fu troppo mal ricevuto a quella imperial corte , e tornossene senza aver conchiuso l’affare, e pieno di mal talento, cui seppe ben egli sfogare scrivendo le relazione di questa sua ambasciata, che va unita alla sua Storia , in cui leggiadramente deride il fasto insieme e l’ignoranza di quella corte. In qual anno morisse Liutprando, non si può accertare. Ei si vede sottoscritto a un sinodo di Ravenna tenutosi l’anno 970, e citato dal Rossi (Hist. Ravenn. l. 5), col nome di Liuzio vescovo di Cremona, col qual nome vien egli ancora chiamato da qualche altro scrittore. Ma è probabile che non molto più oltre ei Tiraboscui, Voi. 111. j ’i