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TERZO 33l XXVHI. Altri vescovi probabilmente avrà avuti l’Italia in questo secolo stesso forniti di quel sapere che a reggere saggiamente le loro chiese era richiesto; ma non ci è rimasto alcun considerabile monumento della loro dottrina , giacchè io penso di non dover seguire l’esempio degli scrittori di Biblioteche, i quali per renderle o più voluminose, o più esatte, fanno in esse menzione di quegli ancora de’ quali qualche breve lettera ci è rimasta, o anche sol la memoria che fosse da essi scritta. Io cerco di esporre lo stato dell’italiana letteratura; e a ciò nulla monta che alcuni scrivessero qualche lettera, o facessero qualche verso, e molto meno che dettassero il lor testamento, di che per altro ancora si è fatto conto da alcuni di cotali scrittori. Io lascio ancor di parlare, come altre volte ho avvertito, della maggior parte di quelli che hanno sci iti a la vita di qualche uomo illustre per santità, poichè essi appartengono anzi alla storia della religione, che a quella della letteratura, e alcuni di essi ancora hanno a questa recato danno più che vantaggio e onore, scrivendole senza quel giusto discernimento che ad uno storico non dovrebbe mancar giammai. Altri scrittori che ci abbian lasciati libri appartenenti a scienze sacre, appena ne abbiamo di questi tempi. Io potrei qui far menzione di Erchemperto monaco casinese che scrisse qualche opuscolo appartenente al suo monastero, di Liutprando vescovo di Cremona , di Paolo Diacono, e di alcuni altri che in qualche maniera potrebbero avere luogo in questo capo. Ma perciocchè le opere