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3a4 LIBRO secolo. Due soli vescovi noi troviam in Italia, a cui il nome di dotto non si sconvenisse, e dobbiamo ancor confessare che di uno tra essi non è certo che fosse italiano, l’altro fu certamente straniero; dico Attone di Vercelli, e Raterio di Verona. Di qual patria fosse Attone, non si può stabilir con certezza. I moderni scrittori citati dal co. Mazzucchelli (Scritt ital.t. 1,par. 2, p. 1221) il fan figliuolo di un Aldegario Visconte; altri il dicon disceso da’ marchesi d’Ivrea; ma come saggiamente riflette l’erudito canonico Carlo del Signore de’ conti di Buronzo, ora degnissimo vescovo di Acqui, che l’anno 1768 ci ha data una compita edizione dell’opere di questo vescovo, tutte queste asserzioni non hanno alcun fondamento su cui sostenersi. Egli riflettendo ad alcune parole di Attone, colle quali accenna di avere abbandonata la nazione e la patria (Comm. in ep. ad Hebr. sub fin.), ne trae ch’ei fosse venuto da lontan paese a Vercelli. E certo eli’ egli non fosse vercellese, sembra che da queste parole raccolgasi con evidenza, ma non già ch’ei non fosse italiano; perciocchè uno venuto, a cagion d’esempio, da Napoli, o da Roma, o anche da men lontano paese, a Vercelli, poteva dire di avere abbandonata la sua nazione e la sua patria. Se il testamento di Attone, in cui egli lascia al clero della metropolitana di Milano la valle Leventina, quella di Blegno ed altri luoghi, fosse sicuramente sincero, esso ci proverebbe ch’egli fu di nazion longobardo: Ego in Dei nomine Atto episcopus vercellensis ecclesiae, qui professus sum ex natione mea lege vivere Longobardorum. Ma