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TERZO ay3 questa opinione è un’elegia ch’egli le scrive, mandandole in dono un codice del Salterio, e che incomincia così: Gisla i (avente Deo , venerabile suscipe donum , Quod tibi Teodulfus dat pater ecce tuus. Ma possiam noi assicurare che il nome di padre si abbia qui a prendere in senso letterale e non metaforico? E non può egli un vescovo singolarmente dare a se medesimo questo nome per riguardo a quelli che sono alla sua cura commessi? Poichè dunque non vi è altro monumento a provare che Teodolfo fosse ammogliato, non parmi che ciò si possa affermare sicuramente. Checchè sia di ciò, Teodolfo dall’Italia passò in Francia, invitatovi da Carlo Magno per la stima che aveane concepita, come abbiam udito poc’anzi narrarsi da un antico scrittore, ed allettato insieme, come si legge nel soprammentovato epitafio pubblicato nella Gallia Christiana, dalle soavi maniere di questo principe: Cujus enim tanta captus dulcedine veni, Deserui patriam, gentemque, domumque, laremque. Nè Carlo fu pago di averlo seco. Egli il volle innoltre onorare di ragguardevoli cariche, perchè col suo sapere più agevolmente si rendesse utile a molti. Perciò il fe’ consecrare vescovo d’Orleans, e dichiarollo abate del monastero di Fleury. In qual anno ciò accadesse, non è facile a stabilire, perchè i monumenti ancora più autorevoli sembrano contraddirsi l’un l’altro. Abbiamo una lettera di Carlo Magno a