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TERZO 25t chiaramente, non dirò già die ninna scuola vi avesse in Italia, perciocchè abbiam dimostrato che alcune ve n’avea certamente, ma che esse eran sì rare, che non bastavano al fin prefisso. Gli studj qui vengon chiamati col nome di arte: artem docentes: colla qual parola non vi ha dubbio che qui non intendasi la gramatica, presa però in quell’ampio senso in cui abbiamo altrove mostrato che di questi tempi prendevasi, cioè di lettere umane, e forse ancor di aritmetica. E di vero non troviamo alcun monumento di scuola che si tenesse di altre più gravi scienze, come di filosofia, di matematica, di giurisprudenza; nelle quali ognuno potea saper ciò solamente che col privato suo studio gli veniva fatto d’intendere. Per ultimo, se questi maestri che da Lottario si stabilirono, avessero stipendio dal regio erario, o solo da’ lor discepoli, qui non si dice; ma il recarsi per un de’ motivi delle disposizioni di Lottario il desiderio di toglier l’ostacolo chela povertà recava al coltivamento degli studj, ci fa credere che non si obbligassero i discepoli a comperare l’erudizione, perciocchè in tal caso mal sarebbesi provveduto a quei che non aveano a tal fine sufficienti ricchezze. Or veggiamo quai furono le città da Lottario prescelte, il che giova ancora a farci conoscere qual fosse allor l’estensione e quali i confini dei regno d’Italia. XVHI. Primum, siegue a dire Lottario, in Papia conveniant ad Dungalum, de Mediolano, de Brixia, de Laude, de Bergamo, de Novaria, de Vercellis, de Arthona (leg. Derthona), de Aquis, de Genua. de Haste, de Clima. Tu Eboreja Tiraboschi, Voi. III. iq