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a46 LIBRO quali parole non è ben chiaro se il Monaco ci voglia dire che i Romani ammaestrarono i Francesi a lavorare gli organi, o ad usarne sonando. Forse vuol dire l’uno e l’altro. L’uso degli organi era certo assai antico in Italia, perciocchè, oltre altre pruove, ne abbiamo una chiarissima descrizione in Cassiodoro: Organum itaque est, dic’egli (in psal. 150), quasi turris diversis fistulis fabbricata , quibus flatu folliuna vox copiosissima destinatur, et, ut eam modulatio decora componat, linguis quibusdam ligneis ab interiore parte construitur, quas disciplinabiliter magistrorum digiti reprimentes nono; e che ove si dice che Adriano papa mandò in Francia maestri in arte organandi, non deesi già intendere di maestri di lavorare, o di sonar I’ organo; perciocché la parola organari non significa già tal cosa, ma significa inserire alcune terze nel progresso del canto fermo cantato all’unisono, e che in ciò il Muratori, il Bettinelli, ed io ci siam tutti ingannati. Se io avessi a quel solo passo appoggiata la mia asserzione, ove ho stabilito che al tempo di Carlo Magno si usavan gli organi in Italia, avrebbe l’erudito autore giusta occasione di oppormi i diversi sensi ne’ quali quella voce può essere intesa. Ma io l’ho appoggiata anche agli altri passi da me riportati nei quali si fa menzione di organo, e perciò, s’ei voleva ribattere la mia opinione, conveniva che dimostrasse che da que’ passi ancor non si pruova l’esistenza degli organi. Concedasi dunque all’ab. Arteaga ciò di che per altro potrebbe quistionarsi, che la voce organari abbia il senso ch’egli le dà, benchè pure ne abbia altri, e forse ancor quello da me indicato. Ma egli non ha provato, nè proverà forse mai che l’uso degli organi fosse dimenticato in Italia dopo i tempi di Cassiodoro; giacchè abbiam se non altro l’organo del prete Giorgio non alla fine, ma al principio del nono secolo.