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a36 unno c per noi i necessarj alimenti e le vesti di cui coprirci. Di che rallegratosi sommamente Carlo, poichè gli ebbe per poco tempo presso di sè ritenuti, costretto a andarsene alla guerre, un di essi detto Clemente ritenne in Francia, raccomandogli l’istruzione di molti giovani, altri nobilissimi, altri di mediocre, ed altri ancora di vil condizione, e assegnogli il giusto suo sostentamento. L’altro fu da lui mandato in Italia, e gli fu assegnato il monastero di S. Agostino presso Pavia, acciocchè chiunque fosse bramoso, potesse esser da lui istruito. Ecco il gran racconto del Monaco di S. Gallo, su cui è fondata l’accennata comune opinione. Ancorchè esso si ammettesse per vero, altro finalmente non potremmo raccoglierne se non che uno Scozzese fu mandato da Carlo Magno a Pavia per tenervi scuola; nè ciò basterebbe a provare che vi fosse tale scarsezza d’uomini dotti in Italia, che convenisse inviarvi stranieri. VI. Ma a parlare sinceramente, io non posso a meno di non maravigliarmi che un tal racconto sia stato sì facilmente adottato da uomini allora di erudizione e di critica non ordinaria, e singolarmente dal Muratori (Ann. d’Ital. ad an. 781; Antiq. Ital. diss. 43). A me par di scorgere in esso una cotal aria di favoloso e di romanzesco, che non saprei a qual fatto si possa mai negar fede, se si dà a questo. Comunque infelici fossero i tempi di cui trattiamo, non mancavano però alcuni che allora poteano esser chiamati dotti. Chi eran dunque costoro che colla lor erudizione da saltimbanco commossero a maraviglia la Francia