Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/280

SECONDO 2 I () pur ce ne parla come di cose di maraviglioso lavoro. Tutti questi encomii però voglionsi intendere in quel senso medesimo in cui abbiam veduto che si debbon intender gli encomj fatti agli uomini dotti di questa età. In mezzo all’universale ignoranza sembrava somigliante a portento il sapere pure scrivere alcuna cosa, e il sapere in qualunque modo scolpire. Perciò chi era da tanto, veniva esaltato con somme lodi; e i lavori dell’arte, in vece di aver giudici saggi e intendenti, non trovavan che ciechi e attoniti ammiratori. IV. Somigliante per ultimo fu la sorte della pittura. Se noi vogliam credere a un’opinione ricevuta comunemente e per una cotal tradizione de’ nostri maggiori, e per la testimonianza di quasi tutti i moderni autori che su ciò hanno scritto, ci converrebbe qui confessare che la pittura dopo l’invasione de’ Barbari perì interamente in Italia, e che solo nel XIII secolo incominciasse a sorgere dalle sue rovine per opera del celebre Cimabue. Due illustri scrittori a’ quali la nostra Italia dovrà un’eterna riconoscenza per la gloria che in mille guise le hanno colle Opere loro accresciuta, dico il march. Maffei e il Muratori, han cominciato a combattere questo universal pregiudizio, e a mostrare che tra noi non cadde mai la pittura per modo eli’ ella anche ne’ più rozzi secoli non fosse usata. Ma il primo nelle sue erudite ricerche si è ristretto alla sua patria, di cui scrivea, e in cui ha mostrato trovarsi pitture assai più antiche di Cimabue (Ver. illustr.par. 3 c. (6). Il secondo alcuni pochi esempj ha addotti di pitture fatte ne’ tempi barbari (Antiq