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2lC> libro umore nè gusto, e le continue asprissime guerre che desolaron l’Italia, due funesti effetti produssero al tempo stesso; perciocchè e si smarrì gran copia degli antichi lavori che colla lor bellezza risvegliavano l’ammirazione non meno che l’emulazione; o pochi furon gli artefici che dalla magnificenza de’ principi, dalla speranza di onori e di premj, e da una bella vicendevole rivalità si animassero a intraprendere grandi cose; e que’ medesimi che pur le intrapresero, dovendo soddisfare al gusto de’ lor sovrani, che, come dalle lor fabbriche si raccoglie, non era troppo fino, si adattarono alle loro idee e a’ capricciosi lor pensamenti. E quanto alla perdita de’ monumenti antichi, le rovine e gl’incendj che, come si è dimostrato, furono assai frequenti in quest’epoca, molti ne dovetter distruggere e consumare; come era avvenuto a’ tempi ancor della guerra tra’ Goti e i Greci. Ma convien confessarlo: l’ingordigia de’ Greci non fu men dannosa all’Italia, che la rozzezza de’ Longobardi. E memorabile singolarmente è nelle storie il nome dell’imperador Costante; che l’anno 663 venuto a Roma, e fermatovisi dodici giorni, nel partirne seco ne portò tutti gli antichi lavori di bronzo che adornavano la città, fino a scoprire il celebre Pantheon per toglierne tutte le tegole , eli’ esse pure eran di bronzo , e condurle a Costantinopoli, come raccontano Paolo Diacono (Hist. Lang". l. 5, c. 11) e Anastasio Bibliotecario (in Vita S. Vitaliani PP.; Script. rer. Ital. t. 3, pars i, p. 141)■ Lo stesso spoglio fece egli in Siracusa, ove poscia l’anno 668 fu ucciso; e non molto dopo entrati