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secondo ififine l’anno 723. Di lui ci parla Agnello (Vit. Pontif. Ravenn.), come (di egregio predicatore, e scrittore di molti libri, ed uomo eloquente. Quai fossero precisamente i libri da lui scritti, noi nol sappiamo. È verisimile che fossero omelie o comenti sulla Divina Scrittura. Ma egli non volle che cosa alcuna rimanesse tra’ posteri; e innanzi a morte fattisi recare i suoi libri, tutti li diè alle fiamme, dicendo che poichè cieco , com’egli era , non potea rivederli e corregerli, temeva che vi rimanessero errori, onde altri abusassero. Un solo discorso, prosiegue a dire Agnello, che ancora abbiamo sull’universale giudizio, fu da’ suoi sacerdoti serbato, e sottratto alle fiamme. Più d’ogni cosa però noi abbiamo ad essergli grati, perchè a lui dobbiamo i Sermoni del suo antico predecessore S. Pier Grisologo, ch’egli diligentemente raccolse, e vi premise una sua prefazione che ancora abbiamo. Di altre cose che a Felice appartengono, veggasi il soprallodato P. Ginanni (l. cit). XX. S’io volessi qui annoverare tra gli scrittori ecclesiastici tutti que’ vescovi italiani che nel famoso affare de’ tre Capitoli ebbero parte, potrei accrescer di molto il presente capo. Ma come di essi non abbiamo comunemente che qualche lettera, o qualche breve trattato su tale argomento, io li passerò sotto silenzio, perchè non sembri ch’io voglia stendere troppo ampiamente il nome e la lode di uom dotto. Quindi io non parlerò nè di Severo patriarca d’Aquilea, che credesi natìo di Ravenna (V. Ginanni, t. 2,p. 372), e che morì nello scisma l’anno 6o5, xx. E di altri di questi terar>-