Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/218

SECONDO l5n gii perinettevan ili dubitare dell’onnipotenza divina.... Questi Dialogi subito furono ricevuti i on applauso maraviglioso, e sono sempre stati in gran pregio per otto o nove secoli. S. Gregorio li mandò alla regina Teodelinda, e credesi ch’ella se ne valesse per la conversione de’ Longobardi, i quali potean sapere la verità della maggior parte de’ miracoli che vi si narrano; essendo essi avvenuti in uomini della lor nazione che non erano in Italia se non da treni anni addietro. Zaccheria papa tradusse in greco quest’opera circa centocinquanta anni dopo, e piacque talmente a’ Greci, che diedero a S. Gregorio il soprannome di Dialogo. Verso il fine delir ili secolo furon essi ancora tradotti in arabo. Più altre riflessioni si potrei >bon qui fare a discolpar S. Gregorio dalla taccia di credulo e semplice, che molti gli danno. Ma il dottissimo P. Giangirolamo Gradenigo clierico regolare, poi degnissimo arcivescovo di Udine, ha già così felicemente trattato questo argomento nella bella apologia di S. Gregorio contro le imposture e le villanie dell’apostata Casimiro Oudin (S. Greg. M. vindicatus c. 4), che nulla ci rimane ad aggiugnere. Noi passeremo ancora sotto silenzio le altre men celebri opere di S. Gregorio, e quelle che falsamente gli vengono attribuite , rimettendo chi brami averne contezza a ciò che ne hanno scritto i dotti Maurini nella loro edizione delle Opere di questo santo pontefice, e tutti gli scrittori di Ecclesiastiche Biblioteche, e singolarmente il P. Ceillier, a’ quali però vuolsi aggiugnere una dissertazione del soprallodato