Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/203

J 4 3 LIBRO abbandonati. Che se tale era lo stato di Roma, che direm noi delle altre città d’Italia, nelle quali gli studj non erano mai saliti in quella fama di cui godevano in Roma? Qualche scuola di gramatica solamente e qualche scuola ecclesiastica sembra che sussistesse in Roma e in alcune altre città, come in Pavia, ove vedremo che celebri si rendettero sotto i re longobardi Felice gramatico, Pietro da Pisa, e alcuni altri. E le scuole di Roma vengono rammentate da Anastasio Bibliotecario, ove parlando della venuta di Carlo Magno a Roma l’anno 774» dice che fra gli altri gli vennero incontro un miglio lungi dalla città i fanciulli che studiavan le lettere: et pueris, qui ad discendas litteras pergebant in Hadr. I, vol. 3 Script. rer. ital. p. 185). Anzi come racoglie il ch. Muratori da una carta di questo insigne e copioso archivio capitolare di Modena (Antich. ital. t 1, p. 487), sembra che fosse dovere f de1 parrochi ancor rurali d’istruire e tenere J scuola a’ fanciulli, poichè Gisone vescovo di questa città concedendo a Vittore arciprete verso il fine dell’ vm secolo la pieve di S. Pietro in Siculo, gli ingiugne di essere diligente in clericis congregandis, in schola habenda, et pueris educandis. Ma tutte queste scuole altro non erano probabilmente che de’ primi elementi, e sallo il cielo, se questi ancor s’insegnavano a dovere. Certo le opere e le carte scritte di questi tempi sono comunemente in uno stile sì barbaro, che basta a farci conoscere la non curanza in che aveansi i buoni studi.