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PK1MO I l5 VII. Atalarico e Teodato ancora non furono trascurati nel mantenere il decoro degli antichi pregevoli monumenti, come veggiamo in alcune lettere a loro nome scritte da Cassiodoro (l. 8 Var. ep. 29, 30; l. 10, ep. 30), in una delle quali singolarmente il primo comanda che si provveda alla conservazione di due elefanti di bronzo ch’erano nella Via Sacra, echeminacciavan rovina. Ma la guerra che poscia si accese fra i Goti e i Greci, come alle lettere, così alle arti fu sommamente fatale. L’Italia non era il paese natio nè degli uni nè degli altri; e quindi nè gli uni nè gli altri non eran punto solleciti di conservarle i suoi più rari ornamenti. Ciò che narra Procopio avvenuto in Roma, mentre era assediata da’ Goti, l’an 537 (de Bello goth. l. 2, c. 22), basta a farci conoscere qual danno nel corso di sì lunga guerra avessero a soffrire le arti. In un assalto che i Goti diedero alla Mole di Adriano, detta ora Castel S. Angelo, i difensori non avendo forse altre armi a difendersi, dieder di mano alla maggior parte delle statue che ivi si conservavano, e fattele in pezzi, di esse si valsero a rispingere i nemici. Gli amatori dell’arti, dice leggiadramente il sig. di Saint-Marc (Abr. de l’Hist. d’Ital. ad h. an.), avrebbono amato meglio di veder preso il castello, che di soffrir la perdita di sì bei monumenti. Osserva il "Winckelmann (Hist. de l’Art. t. 2, p. 338) che allor quando sotto Urbano V OI si ripurgò la fossa di quel castello, vi si trovaron due statue, una di un Fauno addormentato mancante di gambe e di cosce e del braccio sinistro, che