Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/169

108 I.IBRO Chron. I. 3, c. 29) che il re Teodorico omnes bonas artes eliminavit ex Italia; mentre la storia di questi tempi sì chiaramente ci mostra quanto ei fosse sollecito di mantenerle e di avvivarle. Ma il valoroso apologista dei Goti non è contento di liberarli da questa taccia che loro ingiustamente si appone. Egli non vuole innoltre che credasi da essi introdotto nell’arti un certo cattivo gusto che dicesi gotico. Vediamo , dic’egli, caratteri delle stampe assai grossolani: li chiamiamo gotici; miriamo basiliche di rozza e sproporzionata architettura: gridiam tosto che e fattura gotica. Tutte immaginazioni vane. E per ciò che appartiene a’ caratteri che si chiaman gotici, non può negarsi ch’essi siano inferiori di molto a’ tempi de’ Goti. Ma per riguardo all’architettura penso che sia d’uopo di un diligente esame per ben decidere una tal quistione. Il Muratori per mostrare quanto irragionevole sia l’accusare i Goti del decadimento dell’archittettura, rammenta e le magnifiche fabbriche di Teodorico, e le Lettere di Cassiodoro da noi pure accennate, dalle quali raccogliesi chiaramente quanto a quest’ottimo principe stesse a cuore che i suoi edificj non cedessero in bellezza e in maestà agli antichi. Ma, a parlare sinceramente, non parmi ch’egli abbia abbastanza distinte due cose che pur sono tra loro diverse assai, magnificenza e gusto. Che Teodorico avesse idee e disegni alla grandezza del suo animo corrispondenti; eli’ egli volesse che le sue fabbriche potessero gareggiare colle più rinomate di Roma e di tutta l’Italia; che perciò profondesse con regia