nia dal capriccio, dalle passioni, e talvolta
ancora dalla pazzia di tali uomini , egli è
facile a immaginare qual esser dovesse lo
stato della letteratura. Augusto padrone della
repubblica tutta avea nondimeno lasciati liberi
gl’ingegni 5 e se gli oratori, gli storici ed i
poeti usavano di un prudente riserbo nel trattare certi più pericolosi argomenti, la libertà
però dello scrivere non fu mai fatale ad alcuno , e talvolta videsi Augusto generosamente
dissimulare qualche detto di un imprudente
oratore, che sembrava contro lui rivolto (Sen.
Controv. 12 sub fin.). Ovidio fu il solo poeta
a cui parve che i suoi versi fosser funesti; ma
più che ad essi ei dovette il suo esilio, come
abbiam dimostrato, a’ suoi proprj occhi. Non
così sotto Tiberio e i primi di lui successori.
Un breve tratto di penna costò talvolta la vita
al suo autore , e l’essere eloquente oratore, o
profondo filosofo fu per • alcuni delitto degno
di morte. Or come era possibile che in tali
circostanze gli studj fossero coltivati felicemente? Non è dunque a stupire che sì gran
mutazione accadesse, benchè lentamente, nella
letteratura , e che i Romani dopo essere giunti
a rendersi negli studj al par di ogni altra nazione esercitati e colti , ricadessero a poco a
poco nell’antica rozzezza. Questo è ciò che abbiamo ora a vedere e a svolgere partitamente.
Ma perchè l’indole e la condotta degl’imperadori influì molto nello stato della letteratura,
prima di trattare in particolare di ciascheduna
scienza, ci conviene esporre con brevità lo
stato in cui trovossi l’impero a’ tempi di cui