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da altri finora sia stata fatta. Quando è che gli scrittori latini han cominciato a svestire quella rozzezza che per più secoli era stata universale? Allora appunto quando formandosi e perfezionandosi la lingua italiana, la latina cominciò a non esser più la volgare, ma propria solo di chi sapeva. Fino al secolo XIII, come osserva il ch. Muratori (Antichità Ital. Dissert. 32), trovansi bensì nelle carte e ne’ monumenti i primi rozzi principj di questa lingua, e parole e espressioni di suono affatto italiano; ma cosa alcuna che si possa dire scritta in italiano, non si ritrova. Il linguaggio allora usato era un latino misto di voci e di frasi straniere, poche dapprima e rare, poi più frequenti, e per ultimo tante che oppressero, per così dire, e distrussero la lingua latina , e una nuova ne formarono di principj e di leggi molto diversa. Nel secolo XIII si cominciò a scrivere da alcuni in idioma che si poteva dire italiano, e questo poi assai più perfetto si fece nel secol seguente per opera di Dante, del Petrarca, del Boccaccio, e di altri colti scrittori che giustamente si posson chiamare i padri dell’italiana favella. Allora adunque cominciò la lingua latina a non essere più così famigliare, come era stata finallora, e a sminuirsi perciò, per tenere la già usata similitudine, la forza di quel contagio che infettava prima coloro che pure avrebbon voluto parlar coltamente. Veggiamo infatti che gli scrittori latini di quel tempo sono comunemente assai meno incolti che que’ de’ secoli precedenti; e i tre suddetti scrittori nelle cose Tiraboschi, Voi. II. 4