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QUARTO 63 1 Vengasi il citato P. Corsini che di Rulilio ragiona con molta esattezza (l. cit. p. 327). Di lui abbiamo un poema elegiaco in cui descrive il suo viaggio da Roma nelle Gallie, di cui però si è smarrita una parte notabile, seppure egli nol lasciò imperfetto. Egli lo scrisse verso l’anno 420j di che assai lungamente parla il Tillemont (note 43 sur Honor.). Lo stile non è molto elegante; ma si può dire di lui ancora ciò che in generale abbiam detto de’ poeti di questa età, cioè che in confronto dei prosatori essi posson sembrare eleganti e colti. Egli era idolatra, come è manifesto singolarmente dall’aspra invettiva che fa contro de’ monaci che nell’isola di Capraia menavano solitaria ed austera vita (v. 439, ec.) VIII. A questi poeti gentili aggiungiamone ora alcuni tra’ cristiani. E il primo di essi è quel Publio Optaziano Porfirio di cui abbiam fatta menzione nel primo capo di questo libro; del quale però non possiamo congetturare, non che accertare, la patria. Di lui abbiamo un capriccioso poema tutto composto di acrostichi e di lettere incrocicchiate e di somiglianti bisticci che il mostran poeta laborioso anzichè elegante; e che è, s’io non erro, il primo esempio di tali componimenti. Esso è in lode di Costantino, da cui, non si sa per quali motivi, era stato esiliato; e il prega a volere usare con lui di sua clemenza col richiamarlo. A questo poema precedono due lettere, una del medesimo Porfirio a Costantino, in cui gli rende grazie per la cortese lettera ch’esso aveagli scritta in riscontro di un altro poema a lui Vili. Poeti cri’ stiani. Oplaziano Porfirio.