die tutti gli uomini di genio sono stati perseguitati. Non manca certo giammai chi cerchi
di oscurare la fama de’ più grandi uomini; ma
ciò nasce appunto dalla gloria medesima a cui
si veggon saliti. E queste guerre che contro
di lor si sollevano, giovano per lo più ad accenderli maggiormente per assicurarsi quella
pubblica stima di cui conoscono di godere.
Questo è certamente uno de’ più possenti stimoli a coltivar quegli studj a cui essa soglia
accordarsi. Atene aveva in gran pregio le azioni
teatrali: e vi sorser perciò gli Eschili, i Sofocli, gli Euripidi L’eloquenza apriva in Roma
libero il varco alle dignità, agli onori; e Roma
libera ebbe tanti e sì valenti oratori. Augusto e
Mecenate amavano i poeti; e il secolo di Mecenate e di Augusto vide un Virgilio, un Orazio,
un Tibullo, un Properzio, un Ovidio, e tanti
illustri poeti. Ma se questi stimoli vengano a
mancare, cesseranno tosto e illanguidiranno gli
studj. Questi non si coltivano senza fatica, ed
appena è mai che l’uomo si sottoponga a una
fatica da cui non isperi mercede, e onore.
Vero è nondimeno che al cessare di queste
cagioni fomentatrici degli studj non si vedran
tosto cessare gli effetti ancora; come, ancorchè cessi la fiamma che riscaldava qualche siasi
corpo, non perciò il corpo raffredderassi subitamente. Veggiamolo nel primo decadimento
degli studj italiani, cioè in quello che avvenne
dopo la morte di Augusto. Tiberio, Caligola,
Claudio, Nerone non furon certo imperadori
che fomentasser punto gli studj, e della lor
protezione onorassero gli studiosi, come fra