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QUARTO 5^3 di subito e senza riflessione a un tal ministero, ma prima sia approvato da’ senatori, e di comune consenso riceva dalla curia la facoltà (I insegnare. Legge prudentissima certamente , e che se fosse sempre osservata con quella esattezza che si conviene, le scienze sarebbono sempre in più felice stato che comunemente non sono. Egli innoltre, che godeva sopra ogni cosa di esser creduto grave e severo filosofo, era ognor circondato da numerose schiere di tali uomini (Eunap. Vit. Soph, c. 5) che o erano, o vantavansi di essere in questa scienza eccellenti. Giuliano gli onorava; ed essi speravano che agli onori avrebbe congiunte ancor le ricchezze di cui la filosofica austerità non rendevagli abbastanza nimici. Ma il breve regno eli’ ebbe Giuliano, non permise loro di veder condotte ad effetto sì liete speranze. IX. I soli Cristiani furono quelli alla letteratura dei quali ei mosse guerra. Egli veggendo che i » tormenti e le morti con cui altri imperadori avean cercato di annientarli, aveano anzi prodotto un contrario effetto, si determinò di combatterli almeno per qualche tempo in altra maniera , che certo sarebbe riuscita lor più fatale, se il comando da lui fatto avesse avuto vigore per lungo tempo. Ordinò egli dunque che i retori e i gramatici cristiani cessassero dall’insegnare, quando passar non volessero al culto de’ numi. Ammian Marcellino scrittore idolatra chiama questa legge crudele: Illud inclemens, quod docere vetuit magistros rhetoricos et gramaticos christianos, ni transissent ad numinum cultum (Hist. l. 22, c. 10) l.25, c. 4)} c a IX. Ma li vieta 1 Cristiani.