Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/411

migliaia di libri, dei quali sol gli piacciono i titoli e i frontespizj? Tu vedrai i più oziosi raccoglier quante vi sono Orazioni e Storie; e nelle lor case le scansie sollevantisi fino al tetto. Perciocchè ormai nel bagno ancora e nelle terme si forma una biblioteca, come ornamento ne- j cessano di una casa. Io il soffrirei, se ciò na- 1 scosse da soverchio amore di studio; ma tutti. ’ questi libri e le immagini de’ loro autori da ogni parte si cercano solo a pompa e ao’ornamento delle pareti. Fin qui Seneca, il quale, s’è vero che avesse cinquecento treppiedi di cedro coi piè di avorio, come abbiamo udito narrarsi da Dione, meglio avrebbe fatto a rivolgere contro di se medesimo queste invettive.

Capo X.

Stranieri eruditi in Roma.

I. Quanto più ampiamente stendevansi i confini dell’impero romano, tanto maggiore era il numero degli stranieri che da ogni parte venivano a Roma, e tra essi non pochi uomini dotti che speravano di procacciarsi col lor sapere e onori e ricchezze. Per l’addietro gli eruditi stranieri che vedevansi in Roma, erano per lo più Greci. Ma a’ tempi de’ quali scriviamo, si vider uomini di più altre nazioni, Spagnuoli, Galli e Giudei ancora rendersi celebri tra’ Romani colla loro erudizione. I due Seneca, Lucano, Marziale, Columella, Pomponio Mela, Porcio Latrone e molti altri ne vennero dalla