Quintiliano ancora ne parla con lode, dicendo
ch’ei fu il primo retore di chiaro nome (l. 1 o, c. 5),
benchè poscia soggiunga che questo retore,
che si gran nome avea nelle scuole, dovendo
una volta perorare nel Foro, chiese in grazia
che in luogo chiuso si trattasse la causa. Così
l’esercitarsi soltanto nelle domestiche mura,
che allor si usava, rendeva poi soverchiamente
timidi gli oratori, quando doveano uscire all’aperto. Plinio il Vecchio parimenti lo dice celebre
tra’ maestri iteli’ arte di ben parlare (l 20, c. 15);
e ne reca in prova il pazzo costume d’alcuni
che per salire a gloria somigliante a quella di
Porcio stropicciavansi con una cotal erba il
volto, per averlo essi pure pallido al par di
lui. Due cose però, che di lui narra il suo
grande encomiatore Seneca, parmi che debbano scemare alquanto presso agli uomini di
buon gusto la stima di questo retore; cioè l’ingiusto disprezzo in cui egli ama i greci scrittori che da lui non erano stati mai letti (controv. 33), e il costume non troppo, a mio
parere, opportuno ch’egli avea di non volere
che i suoi scolari innanzi a lui declamassero, ma
sol che si stessero ad ascoltarlo (controv. 25);
dal che ne venne, dice Seneca,, che essi per
disprezzo dapprima furon detti uditori, il qual
nome poi passò ad essere comunemente usato
in vece di quel di discepoli
sforzi usati dall’ab. Latnpdlas per richiamare al secol
d Augusto alcuni ile’ retori da me iucaulameute posti
in quel di Tiberio.