Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/343

3o6 LIBRO un nuovo bando fu contro lor pubblicato con ordine che dovessero uscire da tutta 1 Italia; e un di essi, forse il più reo di tutti, cioè Lucio Pituanio, fu precipitato da un alto sasso (ib.c. 32). E questa probabilmente fu l’occasione in cui, come di sopra fu detto, al solo Trasillo si permise di restare in Roma. Poscia nondimeno piegatosi Tiberio alle loro preghiere, e affidatosi alle loro promesse che non avrebbon più esercitata quest’arte, permise loro il ritorno (Svet. in Tib. c. 37). Ma essi non tenner parola, e circa dieci anni dopo, allor quando Tiberio partì di Roma, gli astrologi di bel nuovo uscirono in campo, e predissero eli’ egli non vi avrebbe più fatto ritorno (Tac. l. 4, c. 58). Agrippina ancora di essi si valse a conoscere qual sarebbe stata la sorte del suo figlio Nerone; e dicesi che udito da essi ch’egli avrebbe regnato, e insieme avrebbe uccisa la madre , ella trasportata dall’ambizione , uccidami pure, rispondesse, purchè egli regni (id. l. 14, c. 9). A’ tempi di Claudio un’altra volta fu lor comandato di uscir dall’Italia; ma Tacito a ragione chiama un tal decreto severo e inutile (l. 12, c. 52). Di fatto Poppea moglie di Nerone molti aveane suoi confidenti (id. 1.1 IIist. c. 22), molti aveane Ottone; e un di essi singolarmente da Tacito (ib.) e da Plutarco (in Galba) detto Tolomeo, da Svetonio (in Othone, c. 4) Seleuco, aveagli chiaramente predetto l’impero. Vitellio appena salito sul trono rinnovò contro di essi l’antico bando, e prescrisse il giorno determinato, entro cui voleva che sgombrassero da Roma e