lietissimo (l. 7 Natural. Quaest. c. 21). A un
oratore, a un poeta, e anche a uno storico
io perdonerò in qualche modo un1 adulazion sì
servile: ma in un severo filosofo che mostra
d’inorridire al solo nome di adulazione, si può
ella soffirire?
XIII. Le grandi ricchezze sono un altro
delitto che si rimprovera a Seneca, come se
egli avessele con ingiuste estorsioni ammassate.
Già abbiam veduto a qual somma esse giugnessero, secondo Dione; e Tacito ancora racconta (l. 13 Ann., c. 42) che questa somma
medesima gli fu da Suilio rinfacciata, e le usure
insieme e ogni altro genere di rapace guadagno. E grande prova dell’insaziabile ingordigia
di Seneca sarebbe ciò che narra Dione (l. 61),
cioe che una delle cagioni per cui la Brettagna
sollevossi contro di Nerone, e ottantamila Romani vi furono trucidati , fosse che Seneca
avendo prestata con grandissima usura a que’
popoli una gran somma di denaro, tutta ad
un tempo la volesse riscuotere, e usasse a tal
fine anche di violenza. Ma all’autorità di Dione
abbiam già stabilito di non fidarci. Seneca stesso
però sembra che non ardisca negare di aver
capitali nelle provincie oltramarine; perciocché
oi e egli riferisce le accuse che a lui venivano
date, questa ancora sì fa opporre da’ suoi nimici: Cur trans mare possides (De Vita beata
c. 17)? La qual accusa non ribatte già egli
negandone la verità, ma confessando ch’ei non
è ancora uomo perfetto e lontano da ogni colpa.
Delle sue immense ricchezze parimente egli non
si discolpa se non dicendo che è ugualmente
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