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non era solito ad adulare: ben saperlo Nerone I stesso che ave a avute più frequenti prove della libertà che non della schiavitù di Seneca. Poichè il tribuno ebbe ciò riportato a Nerone in presenza di Poppea e di Ti gellino i più fuli I consiglieri della sua crudeltà, egli chiede al 1 tribuno medesimo se Seneca pensi a darsi volontaria morte; a cui quegli risponde che niun segno di timore e niuna tristezza aveagli potuto scorgere in volto. Gli comanda dunque di ritornarsene , e d’intimargli che muoja. Fabio Rustico scrive ch’ei non rifece la via medesima , ma che andossene al prefetto Fenio, e narratogli l’ordine di Nerone, gli domandò se dovesse eseguirlo; e che fu da lui consigliato ad ubbidire; tanto eran tutti compresi da una fatal codardia , perciocchè Silvano stesso era uno de’ congiurati; e ciò non ostante accresceva sempre più i delitti di Nerone, dei quali egli ave a voluto fare venditi a. Non ebbe cuor nondimeno il tribuno di veder Seneca, e di parlargli; ma mandò un centurione a dirgli che conveniva morire. Seneca senza punto turbarsi chiede di far testamento; e vietandoglielo il centurione, si volge agli amici, e dice loro che poichè non poteva ad essi mostrarsi grato, lasciava loro ciò che solo gli rimaneva, ma che più d’ogni altra cosa era a pregiarsi, cioè l’immagine della sua vita; di cui se essi si ricordassero , eterna sarebbe stata la fama della costante loro amicizia. E perchè tutti frattanto scioglievansi in lagrime, egli or colle parole, or colla gravità del sembiante cercava di animarli, chiedendo loro ove fossero ora le massime