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il racconto da Tacito, che è ben degno d’essere a questo luogo inserito. X. Siegue ora, dic’egli (l. 15, c. 60, ec.)} la morte di Anneo Seneca, di cui fu Nerone lietissimo , non già ch’egli l’avesse convinto reo della congiura, ma perchè potè finalmente, liberarsi col ferro da un uomo cui avea inutilmente cercalo d avvelenare. Il solo Natale avea contro lui deposto che egli da Pisone (capo della congiura) era stato inviato a Seneca allora infermo a dolersi con lui, perchè gli vietava l’entrargli in casa, e a mostrargli che più opportuno sarebbe il coltivare con famigliari ragionamenti una vicendevole amicizia; e che Seneca avea risposto cotali ragionamenti essere ad amendue pericolosi, la sua salvezza nondimeno dipender da quella di Pisone. A Granio Silvano prefetto di una delle corti pretorie si diè l’incarico di andarne a Seneca, e chiedergli se Natale, avesse parlato così , ed egli così risposto. Seneca in quel giorno medesimo, fosse arte o caso, era partito dalla Terra di Lavoro , e fermatosi in una sua villa a quattro miglia dalla città. Vennevi sulla sera il tribuno, e la circondò di soldati; e mentre Seneca con Pompea Paolina sua moglie e con due amici si stava cenando, recogli l’ordine di Nerone. Rispose Seneca che Pisone avea mandato Natale a far doglianza con lui che non gli permettesse il venirgli in casa ,• eh egli erasene scusato col pretesto della sua infermità e del suo amore per la solitudine; di’ egli non avea mai avuta ragione alcuna per anteporre la salvezza di un privato alla sua propria; eh’egli