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a3o LIBRO Ei non è pago di narrar ciò che avvenne: ne esamina le ragioni, ne scuopre il mistero, ne osserva i mezzi, ne spiega gli affetti: egli sviscera in somma e scioglie e analizza ogni cosa. Ma non cade egli ancora nel difetto del secolo, cioè in un soverchio raffinamento di pensiero e di espressione? I fini politici e gli occulti misteri cli’ei trova negli avvenimenti vi ebbero veramente parte, o non furon anzi immaginati spesso da lui per desiderio di comparire profondo indagatore degli animi e de’ pensieri? Le sentenze non sono elleno sparse con mano troppo liberale, e non son talvolta raffinate e ingegnose, anziché vel isimili e naturali! La precisione e la forza non passa ella spesso i giusti confini, e non rende’il discorso oscuro, difficile, intralciato? Questi sono i difetti cui sembra di scorgere in Tacito, a chiunque prende a leggerlo attentamente. E non limeño, se noi crediamo agli apologisti di Tacito, e tra gli altri a uno de’ più illustri tra’ moderni filosofi pensatori, cioè a M. d’Alembert che varj passi di questo storico ha elegantemente recati in lingua francese, questi non son difetti, ma rarissimi pregi. Si accusa, dice egli (Mél. de Littérat t. 3 , p. 2.3) , di aver dipinta come troppo perversa la natura umana , cioè di averla forse troppo bene studiata; si dice ch’egli è osi uro, il che vuol dir solamente ch’ei non ha scritto per la moltitudine; si dice finalmente di egli ha uno stil ’ troppo rapido e troppo conciso, come se il maggior merito di uno scrittore non fosse di dir m ìlio in poche parole. L’apologia non può essere più