Vespasiano, dopo essere stato trascinato ignudo
per Roma, ucciso a colpi di bastone. Così due
anni di sanguinosissime guerre civili finirono di
gittar Roma in una totale desolazione. Ma finalmente parve giunto il tempo di respirare e
rimettersi da’ sofferti strazj. Vespasiano, uomo
di bassa stirpe, e, finchè fu in condizione privata, malvagio e vizioso, e solo valoroso generale d’armata, non parve degno di essere
imperadore, se non poichè fu salito sul trono.
Intento a riparare i disordini che dopo la
morte d’Augusto eransi in Roma e in tutto
l’impero introdotti, non tralasciò mezzo alcuno per ottenerlo; e si può dire a ragione
che Vespasiano, postisi innanzi gli occhi gli
enormi vizj de’ suoi antecessori, diede in se
stesso l’esempio di tutte le opposte virtù. Due
cose sole gli si rinfacciano, la disonestà, benchè ben lungi dall’imitare la sfrontata impudenza di Tiberio, di Caligola e di Nerone;
e l’avarizia nell’imporre e nel riscuotere troppo
gran numero di tributi, della quale però molti
lo discolpavano, affermando ch’egli era costretto a così fare dalla Necessità di rimettere
l’esausto erario (Svet. in Vespas. c. 16). In
fatti egli è certo che a tutti e a’ poveri singolarmente ei mostrossi assai liberale (id. c. 17).
Le arti e gli studj furon da lui con sommo
impegno fomentati (id. c. 17), ed egli fu il
primo, come vedremo,- che a’ retori assegnò
sull’erario onorevole annuo stipendio. Niente
meno favorevole alle lettere fu il breve impero
di Tito suo figliuolo che l’an 79 gli succedette nel trono. Questi, uno de’ più amabili