riferire un passo di Tacito che il carattere ci
forma degli studj di Nerone, e ci muove ancora qualche sospetto che le orazioni da Nerone talvolta dette fossero esse ancora di Seneca , o di altri che per lui le scrivesse. Ne’
funerali di Claudio , die’ egli (l. 13, c. 3)f
Nerone ne fece l’encomio: finchè lodonne
l’antichità della famiglia, i consolati e i trionfi
de’ suoi maggiori, fu udito con attenzione;
volentieri ancora si ascoltò la menzione degli
studj da lui fatti, e della felicità che per parte
de’ popoli stranieri avea goduto V impero nel
suo regno: ma poichè venne alla prudenza e
al senno di Claudio, niuno potè frenare le risa, benché V orazione composta da Seneca fosse
colta assai, essendo quegli uomo di leggiadro
ingegno} e al gusto di que’ tempi adattato. Osservarono i più vecchi, che possono le cose
recenti confrontar colle antiche , che tra gli
imperadori Nerone fu il primo che abbisognasse
deli eloquenza altrui; perciocchè il dittator
Giulio Cesare avea cogli oratori più celebri
gareggiato; Augusto avea una facile ed ubertosa facondia, quale a principe si conveniva;
Tiberio ancora sapeva i arte di ben pesar le
parole, e di usare ora un parlare eloquente e
focoso, ora a bella posta oscuro ed ambiguo.
Anche Caligola tra le sue pazzie mantenne
la forza nel favellare; nè Claudio finalmente
era privo di eleganza, quando egli diceva cose
premeditate. Ma Nerone fin da’ più teneri anni
volse ad altre cose il pensiero. Scolpire e dipingere e cantare e regolare i cavalli, erano
le sue più care occupazioni; talvolta però