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di g. tiraboschi vii

dai quali trasceglieva i componimenti che a quando a quando proponeva. In ciascun anno al riaprirsi degli studi recitava un’eloquente ed elegantissima orazione per incoraggiare i giovani allievi; in tutto insomma eseguiva l’uffizio di precettore con singolare diligenza e pazienza.

Allorchè era libero dalle cure della scuola nascondevasi nella Biblioteca dello stesso Collegio di Brera, ricchissima per ogni genere di libri, dei quali formò il catalogo in modo che parve non volerli annoverare solamente al lettore, ma a parte a parte pesare.

La fama discorreva di tali cose, e niuno era in Milano che non facesse grandissimo conto della dottrina, dell’erudizione e della compitezza del Tiraboschi. Ma ciò che più caro e più desiderato ovunque il rendeva, erano i suoi costumi dolcissimi ad un tempo e specchiatissimi. Il suo nome cominciò a spargersi anche più lontano quando nel 1766 pubblicò il primo volume dell’opera intitolata: Vetera Humiliatorum monumenta, cui, dati in luce due altri volumi, compì ne’ due anni successivi1. Tutte

  1. Nel 1767 pronunciò per la ricuperata salute dell’Imperatrice Maria Teresa un’elegante Orazione latina, che fu poi stampata unitamente a sei bellissime Iscrizioni del P. Guido Ferrari e ad alcuni versi del P. Pasquale Agudi sullo stesso argomento. Il sig. Giuseppe Beltramelli, concittadino ed amico dell’A., nel citato Elogio scrive, che la Sovrana mandò in segno di aggradimento al Tiraboschi una medaglia d’oro, e che questa fu recata personalmente a lui dallo splendido protettore de’ letterati il Conte di Firmian. — Nota del Traduttore.