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LIBRO TERZO 5"]$ praesertim cum ad meum quoque usum spectent. Sed ego mihi ipsi, ista per quem agam, non habeo; neque enim vena.lia sunt, quae quidem placeant, et confici nisi per hominem et, peritum et diligentem non possunt; Chrysippo tamen imperabo, et cum Tyrannione loquar. E poscia dolendosi alquanto della lentezza di Tirannione, spiega insieme la difficoltà di trovar codici ben corretti: De libris Tyrannio est cessator. Chrysippo dicam, sed res operosa est, et hominis perdiligentis. Sentio ipse, qui in summo studio nihil assequor. De latinis vero, quo me vertam nescio, ita mendose et scribuntur et veneunt, sed tarnen quoad*fieri poterit non negligam Da’ quali passi si vede che Quinto ancora era uomo amante di letteratura e di libri; anzi una lettera abbiamo di suo fratello, in cui secolui si rallegra che quattro tragedie in soli sedici giorni avesse composte (ib- ep. 6). Il che però non saprei se grande stima debba in noi risvegliare del suo ingegno. Certo egli fu troppo lungi dall’uguagliare, o dall’accostarsi ancora alla fama di suo fratello. IX. Cicerone rammenta ancora la biblioteca di un certo Fausto ch’era in Pozzuoli, poichè di là scrivendo ad Attico, Ego hic, gli dice (l. 4> ep- 10), pascor bibliotheca Fausti. Ed è verisimile che avendo alcuni cominciato a far raccolta di libri, in un tempo singolarmente in cui le scienze erano con ardor coltivate, molti altri ne seguisser l’esempio, e in questa parte ancora, come suole accadere, si gareggiasse nel lusso e nella magnificenza. Alcuni nel numero de’ privati che raccolsero