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57^ PARTE TERZA Bibliothecam tuam cave cuiquam despoti deas, quanrns acrem amatorem inveneris; nam omnes meas vindemiolas eo reservo, ut illud subsidium senectuti parem. E avendogli Attico data parola che a lui l’avrebbe serbata, non ancor di ciò pago, di nuovo gli scrive (ib. ep. 11); Libros vero tuos cave cuiquam tra ias: nobis eos , quemadmodum scribis , conserva • sommimi me eorum studium tenet, sicut odiam jam ceterarum rerum VI. Queste espressioni di Cicerone sulla biblioteca di Attico come ci fan conoscere che scelta e pregevole doveva ella essere, così ancora ci danno una giusta idea della premura che di raccoglier libri avea Cicerone. E in vero questo grami’ uomo parla sì spesso nelle sue lettere della sua biblioteca, che per poco non si crederebbe ch’egli altro pensier non avesse fuorchè de’ libri. Quando ei ne ragiona , non vi ha picciolissima cosa a cui egli non pensi. Perbelle feceris, scrive egli tornato dall’esilio ad Attico (l. 4, ep. 4), si ad nos veneris: offendes designationem Tyrannionis mirificam in librorum meorum bibliotheca, quorum reliquiae multo meliores sunt quam putaras. Etiam vellem mihi mittas de tuis librariolis duos aliquos, qui bus Tyrannio ufi tur, glutinatoribus , ad cetera administris; iisque imperes, ut sumant membranulam; ex qua indices fiant, quos vos Graeci, ut opinor, syllabos appellatis. Quindi in altre lettere (ep. 5 e 7) gli dà ragguaglio dei" vaghi ornamenti che Tirannione e Dionigi e Menofilo aggiunti aveano alla sua biblioteca; e spiegando il suo giubbilo per l’ordine in cui