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^,2 MAR jlu/.a insegnare ancora i principii! della rettorica, e l’uso di quelle figure che a’ giovani sogliono insegnarsi, acciocchè in tal modo potessero i lor discepoli passare già laasiev. m,. istruiti alle scuole de’ retori (Svet.ib Quinti. z,c. 1). Le declamazioni ancora, comecchè proprie fossero de’ retori, furono da’ gramatici nelle loro scuole introdotte, e in esse così felicemente si esercitarono alcuni di loro, che dal! tenere scuola passarono a perorare nel foro, e di gramatici divennero oratori (Svet ib.); e talun di essi venne in sì grande stima, che i più ragguardevoli cittadini romani, quando doveano pubblicamente arringare, a lui ricorrevano, perchè scrivesse loro le orazioni; come essere avvenuto a L. Elio raccontano Cicerone (De Cl. Orat. n. 56) e Svetonio (ib. c. 3), da’ quali egli è appellato uom dotto , e nelle greche e nelle latine lettere eruditissimo. Esaminavano essi ancora , quali fosser le vere, quali le supposte opere degli autori, e quali i passi per frode, o per ignoranza in esse intrusi, e li correggevano secondo il bisogno. Di tutti questi e di altri somiglianti impieghi dei gramatici veggasi Quintiliano che ne ragiona colla consueta sua esattezza e riflessione (l. 2, c. 1), e tra’ moderni Giannernesto Emanuele Walchio nelle due diatribe De Arte Critica ve fe rum Ronuinorum stampate in Jena gli anni 1746 e 174i)* Intorno poi alla maniera da essi tenuta nell insegnare, veggasi la dissertazione di Giovanni Oliva De antiqua in Romanis scholis Grommati contili disciplina stampata in Venezia 1 anno 1718. e una diatriba di Gian Giorgio Vi alcbio