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LIBRO TERZO 5o5 I. del loro sapere lasciarono bensì monui nelle lor fabbriche, ina non ne’ libri. Di resti perciò noi avremo a trattare ove parleI Lo del fiorile che fecero tra’ Romani le belle I XXV. Tra’ matematici più illustri di Roma il non temerò di annoverare ancor Giulio Celi sare. Già abbiam di sopra osservato che il maIpaglioso ponte da lui fatto innalzare sul Reno, l ed ancora sue macchine militari, e le descrizioni eli1 egli ce ne ha lasciate , ci fan conoscere quanto egli fosse versato in tali studi. Ma un monumento assai più illustre noi ne abbiamo, cioè la riforma del calendario romano, fra i molti studi a’ quali in mezzo alle gravissime sue occupazioni attese Cesare, fu quello dell’astronomia. Quindi Lucano ce lo rappresenta intento ad osservare i movimenti delle stelle, e così gli fa dire: Media inter praelia semper Stellarum caelique plagis superisque vacavi; Nec meus Eudoxi vincetur fastibus annus. L. i o , n. 185, ec. Di lui dice Macrobio (l. 1 Saturn, c. 16), che intorno al corso delle stelle lasciò scritti libri eruditi, i quali rammentati vengon più volte da Plinio il Vecchio (l. 18, c. 26, 27, 28). Veggasi f erudito Giulio Pontedera che ha raccolti ed illustrati i diversi passi di Cesare su tale argomento (Antiq. Lat. et Graec. ep. 44) > i quali da Plinio ci sono stati conservati. Egli è vero che Giulio Firmico afferma (Mathes. l. 2) che poche linee egli ne scrisse , e queste ancora prese dagli altrui libri Ma ancorchè ciò