Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/547

49$ PARTE ZFRZA fino all’anno 614- Perciocché Valerio Massimo narra (l. 1, c. 3) che in quest’anno il pretore C. Cornelio Ispalo comandò che entro dieci giorni i Caldei partisser di Roma,- uomini, soggiugne questo scrittore, i quali coli ingannevole osservazion delle stelle avvolgevano entro una lucrosa caligine le lor menzogne. Convien dire adunque che verso quel tempo alcuni o veramente Caldei, o così chiamati, perchè ad imitazion di que’ popoli consultavan le stelle, cominciassero ad introdursi in Roma, e ad esercitarvi la loro arte. Ma non pare che questo editto, con cui furono gli astrologi cacciati da Roma, fosse lungo tempo in vigore. Il Freinshemio racconta (Suppl. ad Liv. l. 80, c. 27) che quando il console Gneo Ottavio fu crudelmente ucciso per ordine del suo collega Cinna l’anno 666, se gli trovarono in seno alcune tavolette di segni celesti, quali appunto usavansi da’ Caldei, indicio dello studio eli’ ei faceva di quest’arte. Egli cita per testimonio di ciò Diodoro Siculo; ma io non vi ho potuta trovare tal cosa. Certo è però, che a’ tempi di Cicerone molti Caldei erano in Roma. Quam multa ego, dic’egli (De Divin. l. 2, c. 27), Pompejo, quam multa Crasso, quam multa huic ipsi Caesari a Chaldaeis dicta memini, neminem eorum nisi senectute, nisi domi, nisi cum claritate esse moriturum! E poco prima nomina un certo L. Taruzio Fermano , di cui dice che in cotali studi era versato assai. Due volte nell’impero di Augusto fu di nuovo comandato a’ Caldei di uscir da Roma, la prima volta per ordine del pretore Agrippa l’anno 721 (Dio. l. 49), la seconda