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LIBRO TERZO 48^ visse al tempo stesso dell’Alcionio, lo accusa bensì di aver soppressa uu’ opera matematica di Pietro Marcello; ma di quest1 altro fatto non dice motto. E il Longolio che pur gli era contemporaneo e poco amico, come dalle sue lettere si raccoglie, nulla ne accenna egli pure. Anzi abbiamo una lettera di Celio Calcagnino e Gianfrancesco Pico principe della Mirandola (l. 8, epist. 1), in cui, mandandogli copia di questo libro dell1 Alcionio, gliene dice gran lodi. Quindi par verisimile che sia questa una calunniosa accusa dai nimici dell’Alcionio divolgata, quando egli non poteva fare più le sue difese. E certo quel legato di libri fatto dal Giustiniani a un monastero di monache (che monacharum veramente leggensi in tutte le edizioni del Manuzio, e non monachorum, come ha letto il Fabricio) parmi troppo ridicolo ed improbabile; e molto più che non dicesi precisamente qual fosse il monastero. XIV. Queste ragioni hanno determinato molti dei moderni scrittori a difendere l’Alcionio da tale accusa; e si può vedere quanto su ciò hanno scritto il Menckenio (praef. ad Analect de Cal. Liter.), Giovanni le Clerc (Il ibi. chois. t. 14, p■ 120), gli autori del Giornale d’Italia (t. 3, p. 26), ed altri. Due lettere su questo argomento aveva scritte il celebre Magliabecchi al Menckenio, le quali molti lumi ci avrebbono somministrato; ma esse giunsero al Menckenio quando già il citato suo libro era uscito alla luce (V. Ep. Cl. German. ad Maliab. t. 1, p. 165); nè poi sono state, ch’io sappia, date alle stampe. Il Fabricio cita una lettera intorno a