Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/531

48a PARTE TERZA di un’opera che meditava. Il Petrarca per gra litudine non glieli seppe negare. Dopo molti anni non udendone più novella , ne chiese al maestro più volte; il quale or con uno, or con altro pretesto si andava schermendo. Pressato , confessò finalmente che stretto da po» verta areali dati a pegno. Avrebbe pur voluto sapere il Petrarca, in cui mani si fossero pronto a riscattarli anche a danaro; ma il maestro per rossore non mai si condusse a nominarglielo , nè quegli ebbe cuore ad usare più forti mezzi. Morì finalmente il maestro in Toscana, mentre il Petrarca stavasene in Francia; e questi tentò poscia invano ogni via per averne contezza, e per ricuperarli. D’allora in poi non si fece per lungo tempo menzione di questo libro. Abbiamo bensì una lettera di Beato Renano scritta al Pirckaimero l’anno 1531, dalla quale veggiamo ch’egli si lusingava che il detto Pirckaimero ne avesse una copia. Expectamus. gli scrive egli (Ad calcetti « Rerum Germam carum »), ali quid veterum librorum a te; Ciceronem de Gloria, eumdem de Vita beata, quasdem ejus orationes ec. nisi tanto thesauro solus frui vis. An fabulam narravit ¡Ile no,iter? Le quali ultime parole, che dal Fabricio (Bibl. lat. t. 1, p. 143, edit. ven.) non sono state avvertite, ci fan conoscere che il Renano solo per altrui relazione sapeva di tai libri esistenti presso l’amico, e che nascevali qualche dubbio che colui non gli avesse narrata una fola. E così convien dire che fosse, poichè di questa copia più non si udì motto.