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LIBRO TERZO 4^* ¡1 quale era ben degno di essere conservato, poichè S. Agostino racconta (Confess. l. 3, c. 4» e Proem. de Vita Beata) che alla lettura ch’egli uè fece, sentissi fortemente per la prima volta eccitare allo studio della sapienza. XII. Prima di passar oltre in questo argomento, due punti di storia letteraria ci si offrono qui ad esaminare, che ad esso appartengono , cioè le accuse date a due letterati italiani, Pietro Alcionio, e Carlo Sigonio, tacciato il primo di aver soppressa l’opera de Gloria di Cicerone fino a lui pervenuta, dopo essersi fatto bello de’ migliori passi di essa nel suo libro de Exilio; l’altro di avere dato alla luce un suo trattato De Consolatione, fingendo che fosse quel desso cui sappiamo che da Cicerone fu composto nella morte della diletta sua Tullia. E quanto al primo, è certo che a’ tempi di Francesco Petrarca conservavasi ancora almeno un esemplare de’ libri de Gloria. Narra egli stesso assai lungamente (Epist. Scnil. I. i G,ep. 1) in qual maniera eragli esso venuto alle mani, e come poscia l’avea smarrito, Raimondo Soranzo, che egli latinamente chiama Superantius, e il dice venerabile vecchio, in una copiosa sua biblioteca avea i suddetti libri di Cicerone, e di questi insieme con alcuni altri fe’ dono al Petrarca. Questi aveali cari soprammodo, e stimavasene ricco non altrimenti che di un tesoro. Quando quel Convenevole da Prato eli’ eragli stato maestro ne’ suoi primi anni, e che avealo sopra tutti, gli altri discepoli amato sommamente e pregiato, glieli chiese in prestanza, fingendo di abbisognarne al lavoro Tiraboschi, Voi. I. 3i TU. Fri» riu quella de Ci!urid colisi rvosai lino a1 tempi del PetrariJ-