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4*6 PARTE TERZA seguirne le tracce, e solo si fosser prefissi schivare qualche legger difetto in cui egli era caduto, sarebbono stati essi pure perfetti oratori. Ma vollero andar oltre; vollero esser migliori di Cicerone; vollero condurre f eloquenza a una perfezione ancora maggiore. Or che ne avvenne? Questa maggior perfezione non fu che il principio di un totale decadimento. Ripresero lo stile di Cicerone come troppo sciolto e diffuso; e cominciossi allora a introdurre quello stile tronco e conciso e oscuro e pieno di sottigliezze; il ripresero come non abbastanza elegante e colto; e si prese allora ad usare di parole e di locuzioni affettate; pensarono in somma di levarsi più alto di Cicerone, e vennero a cadere più basso di assai (a). (a) L’ab. Andres, a cui non piace, come si è detto, l’origine da me assegnata al decadimento della romana eloquenza , eh’ è comune anche alla poesia , un’altra ne assegna (Origine e progressi (d’ogni Letter, t. II, p. 128, ec.), cioè perchè nelle scolastiche declamazioni era apprezzato il falso sublime, e lo stile affettato, ridondante e ampolloso; e quindi, come quell’esercizio di declamare contribuì al corrompimento della eloquenza, così contribuì a quello ancora della poesia. Giustissima è l’osservazione di questo valoroso scrittore; ma non mi sembra che basti a spiegare il decadimento di cui si tratta. Le scuole dell’eloquenza erano in Roma anche a’ tempi di Cicerone che le frequentò, come narra Plutarco, e in esse ancora si declamava, e nondimeno l’eloquenza era sì diversa da quella dell’età susseguente. Rimane dunque ancora a cercare per qual ragione nelle scuole e nelle declamazioni il falso sublime succedesse al vero, e invece dello stil grave ed elegante s’introducesse 1’affettato e il vizioso.