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4i4 parte terza XXVU. Ma non così vuol ragionarsi delle arti liberali che hanno il bello per loro primario oggetto. Questo consiste nella unione, nella distribuzione, nell’ordine, nell1 espression delle parti; e quando in ciò arrivi a quella perfezione che costituisce il bpllo, il volere ancora avanzarsi più oltre è il medesimo che dal desiderio di voler superare que’ rari genii che alla lor perfezione I" avean condotta; e afferma che benchè sembri, a cagion d’esempio, l’eloquenza condotta alla sua perfezione. sempre nondimeno può trovarsene una maggiore, a cui perciò è lecito l’aspirare. Così, dice egli, poteva un genio uguale a Tullio sollevar l’eloquenza a grado ancor più sublime di quello a cui egli l’aveva condotta, Io nol nego. Ma questi genii capaci d’innalzarsi cotanto sopra que’ genii medesimi che si considerano come originali e perfetti, quanto son rari?! E quanto è perciò più facile ad avvenire che gli uomini , quali essi sono comunemente , volendo superare que’ gran modelli, cadano nel vizioso, e troppo da essi si allontanino?! Io prego inoltre il valoroso avversario a riflettere che io dico ciò accadere non quando le arti sembrano, ma quando veramente sono giunte alla li.r perfezione. Si può dare , a cagion d’esempio , una tal precision di discorso , che il volerla render maggiore , il faccia divenire oscuro; una tale eleganza, che volendola spinger più oltre, divenga raffinamento. Egli sa troppo bene che sunt certi de ni que fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum. In tal caso potrà egli negare che il voler superare cotai perfetti modelli sia lo stesso che il dare addietro? Ma forse è questo un oggetto degno di più lunga dissertazione, e forse se egli ed io svolgessimo più ampiamente i nostri pensieri , ci accorgeremmo di non esser così l’uno dall’altro discosti, come ci sembra. Così ha osservato anche il valoroso sig ab. Gioachimo Millas , il quale ingegnosamente ha trattato di questo argomento medesimo (Dell’unico c massimo Principio, cc. t. 7, voi. 11, c. r)■